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Catania

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Catania in cifre

Al centro del Mediterraneo, un palcoscenico dove la scenografia disegnata dai colori del Sole, del mare e del fuoco dell’Etna, si fonde con i 2700 anni di storia, per mettere in scena, ogni giorno uno spettacolo unico. Catania per la sua splendida posizione e per il suo clima sempre mite, ha visto il susseguirsi di molteplici dominazioni: sin dal VIII secolo a.C. Greci, Romani, Goti, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e Austriaci. Tutti hanno lasciato un’indelebile traccia del proprio passaggio, nell’architettura della città e nel carattere dei Catanesi, gente ospitale e calorosa.Catania è scelta da chi vuole vivere un appuntamento fondamentale con la Cultura, la storia e la natura unica dell’Etna,il vulcano attivo più alto d’Europa, ma anche da chi vuole raggiungere facilmente tutte le altre splendide località della Sicilia.

Probabilmente era un’insediamento d’origine sicula. La città di Katane (gr. Kατάvη) fu fondata, secondo il racconto di Tucidide nella sua “Guerra del Peloponneso” dai greci calcidesi guidati da Tucle e salpati da Naxos, nel quinto anno dopo la fondazione di Siracusa. Avendo scacciato con le armi i Siculi, fondarono Lentini e dopo Katane. I nuovi abitanti di Catania elessero come loro ecista Evarco. Quindi, secondo Tucidide, Catania fu fondata tra il 729 e il 728 a.C. da coloni greci provenienti dalla città Calcide, nell’Eubea (Tucidide, VI 3, 3).
L’abitato arcaico doveva occupare una collina ben difendibile, immediata­mente a ovest del centro della città moderna, in coincidenza dell’antico rione Montevergine, di piazza Dante e dell’ex convento dei Benedettini (scavi del 1978). Sappiamo pochissimo sul primo periodo della sua storia: praticamente solo la notizia sull’origine catanese del cele­bre legislatore Caronda, che poi fu esiliato e si trasferì a Reggio (Aristotele, Politica, II 1274a). Vi avrebbero soggiornato nume­rosi e celebri uomini di cultura, come il filosofo Senofane da Colofone (tra i fondatori della scuola eleatica) e i poeti Ibico e Stesicoro, che vi morì (la sua tomba era indicata presso la principale porta a nord della città, che da lui prese il nome di porta Stesicorea).
Nel 476 a. C. Ierone, tiranno di Siracusa, ne deportò gli abitanti a Leontinoi, e li sostituì con 10.000 nuovi abitanti, in parte Siracusani, in parte peloponnesiaci, e data ad amministrare a suo figlio Dinomene (Diodoro, XI 49, 1 sgg.). Anche il nome della città venne modificato in Aitna (Etna): con tale nome è celebrata nella Pitica I di Pindaro, scritta in onore di Ierone, e nella tragedia perduta di Eschilo, rappresentata per l’occasione (Le Etnee). Ma solo pochi anni più tardi, dopo la morte di Ierone, Ducezio insieme ai Siracusani costrinse i nuovi abitanti a trasferirsi a Inessa (che assunse allora a sua volta il nome di Etna), centro forse corrispondente alla Civita di Paternò. Dal 461 Catania recuperò così il suo nome e i suoi antichi abitanti (Diodoro, XI 76, 3; Strabone, VI 2, 3).
Durante la guerra tra Siracusa e Atene, Catania, inizialmente neutrale, prese poi posi­zione a favore di Atene, dopo un celebre discorso che Alcibiade avrebbe pronunciato davanti all’assemblea riunita nel teatro della città (Tucidide, VI 50, 3 sgg.; Frontino, Strateg. III 2, 6). Sotto­posta per questo a un’offensiva di Siracusa, dopo la sconfitta degli Ateniesi fu salvata dall’invasione cartaginese della Sicilia del 409 a. C. Ma poco dopo il 403 a. C. Dionigi di Siracusa riuscì a con­quistarla, e ne vendette in parte come schiavi gli abitanti. I super­stiti si rifugiarono in un primo tempo a Milazzo, ma da qui poi furono espulsi, e si dispersero in varie località della Sicilia. Dionigi ripopolò la città con i suoi mercenari campani (Diodoro, XIV 15, 1 sgg.; 58, 2; 87, 1-3). Nel 345 è tiranno di Catania il sabellico Mamerco, che in un primo tempo si allea con Timoleonte, ma successivamente passa ai Cartaginesi (Diodoro, XVI 69, 4). Scon­fitto da Timoleonte nel 338, egli si rifugerà à Messina, ma, caduto nelle mani dei Siracusani, verrà crocifisso, dopo aver subito un processo nel teatro di Siracusa (Plutarco, Vita di Timoleonte, 30; 31; 34).
Nel 263, all’inizio della prima guerra punica, Catania (lat. Catĭna o Catăna) viene conquistata dai Romani, sotto il comando del console M. Valerio Messalla (Eutropio, II 19). Del bottino faceva parte un orologio solare che fu collocato nel Comitium a Roma (Plinio il Vecchio, Naturalis historia, VII 214). Da allora la città fece parte di quelle soggette al pagamento di un’imposta a Roma (civitas decumana). Sappiamo che il conquistatore di Siracusa, Marcello, vi costruì un ginnasio (Plutarco, Vita di Marcello, 30).
Intorno al 135 a.C., nel corso della prima guerra servile, fu conquistata dagli schiavi ribelli (Strabone, VI 2, 6), e nel 122 a.C., a seguito dell’attività vulcanica dell’Etna, fu fortemente danneggiata dalle ceneri vulcaniche stesse piovute sui tetti della città che crollarono sotto il peso. (Orosio, V 13, 3).
Il territorio di Catina, dopo essere stato nuovamente interessato dalle attività eruttive del 50, del 44, del 36 e in fine dalla disastrosa colata lavica del 32 a.C. che rovinò campagne e città etnee, e dai fatti della disastrosa guerra che aveva visto la Sicilia terreno di scontro fra Ottaviano e Sesto Pompeo, si avvia sulla lunga e faticosa strada della ripresa socio-economica già in epoca augustea.
Tutta la Sicilia alla fine della guerra viene descritta come gravemente danneggiata, impoverita e spopolata in diverse zone. Nel libro VI di Strabone in particolare si accenna alle rovine subite dalle città di Syrakusæ, Katane e Kentoripa.
Dopo la guerra contro Sesto Pompeo, Augusto vi dedusse una colonia. Plinio il Vecchio annovera la città che i romani chiamano Catina fra quelle che Augusto dal 21 a.C. eleva al rango di colonie romane assieme a Syracusæ e Thermæ (Sciacca). Solo nelle città che avevano ricevuto il nuovo status di colonia furono insediati gruppi di veterani dell’esercito romano. La nuova situazione demografica certamente contribuì a cambiare quello che era stato, fino ad allora, lo stile di vita municipale a favore della nuova “classe media”.
Nonostante questi continui disastri, che costituiscono una delle costanti della sua storia, Catania conservò una notevole importanza e ricchezza nel corso della tarda repubblica e dell’im­pero: Cicerone la definisce «ricchissima » (Verrine, II 3, 10), e tale dovette restare anche nel corso del tardo impero e nel periodo bizantino, come si deduce dalle fonti letterarie e dai numerosi monumenti contemporanei, che ne fanno un caso quasi unico in Sicilia. Le grandi città costiere come Catina, nel corso del medio-impero, estesero il loro controllo, anche a fini esattoriali dello “stipendium”, su un vasto territorio nell’entroterra dell’isola che si andava spopolando a causa della conduzione latifondistica della produzione agricola.
Il cristianesimo vi si diffuse rapidamente; tra i suoi martiri, durante le persecuzioni di Decio e di Diocleziano, primeggia Sant’Agata, patrona della città e Sant’Euplio.
Le incursioni barbariche della seconda metà del V secolo sconvolgono tutta la Sicilia e quindi anche Catania. Particolarmente critico sembra essere stato il passaggio dei Vandali di Genserico negli anni 440 e 441 d.C. provenienti da Cartagine che causò danni talmente gravi da indurre le autorità alla remissione del pagamento dei tributi . Nel 476, Genserico cede ad Odoacre, re degli Eruli, la Sicilia in cambio di un tributo. Teodorico, divenuto re degli Ostrogoti nel 474, dopo aver sconfitto più volte Odoacre in Italia lo uccise nel 493 restando così l’incontrastato padrone d’Italia. Il generare bizantino Belisario inviato da Giustiniano a riconquistare l’Italia occupa con facilità la Sicilia nel 535. Nuovi scontri fra Belisario e gli Ostrogoti di Totila si verificano fra il 542 e il 548 anno in cui il generale bizantino viene richiamato a Costantinopoli. Catania viene di nuovo occupata da Totila nel 550, ma dopo la sconfitta degli Ostrogoti in Umbria e la morte di Totila nel 552, tutta la Sicilia tornò sotto il controllo bizantino nel 555. Fu proprio da Catania che ebbe inizio la riconquista bizantina dell’isola (Pro­copio, Bellum Gothicum, III 40), e in essa ebbe sede probabil­mente il governatore civile bizantino (praetor o praefectus).
La diocesi di Catania, è accertata fin dal 6° secolo. Rimase bizantina sino alla conquista araba (sec. 9°).
I Normanni o meglio Ruggero d’Altavilla (Hauteville-le-Guichard), ultimogenito di Tancredi d’Altavilla, assieme ai suoi fanti e cavalieri “cattolici” professionisti della guerra, provenienti dal ducato di Normandia (Francia del nord) e che poco avevano a che fare con i loro “barbari” antenati vichinghi (fase storica tra 7° e 9° sec.), misero piede in Sicilia nel 1060. Dopo aver conquistato Cerami, Troina, Palermo ed altre città, si impadronirono di Catania nel 1072 che ebbe un periodo di rinnovato splendore sotto la guida del vescovo benedettino Ansgerio (Ansgar) voluto dallo stesso Gran Conte Ruggero.
Gli Svevi, o meglio la dinastia degli Hohenstaufen, presero il potere in Sicilia grazie ad matrimonio fra Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II d’Altavilla con Enrico VI di Svevia, figlio di Federico Barbarossa. Morto il giovane Guglielmo III, ultimo re del regno di Sicilia e prigioniero in Germania, Enrico VI rivendicò l’Italia meridionale e la Sicilia. Nel 1194 e nel 1197 Catania, che aveva sostenuto Tancredi d’Altavilla prima e poi osato ribellarsi agli Svevi, fu saccheggiata dalle truppe germaniche.
La nobiltà cittadina non ebbe un rapporto felice con gli Hohenstaufen; nemmeno con il grande Fedrico II di Svevia al quale si ribellò nel 1232. L’astio verso il potere imperiale fece nascere diverse leggende tra le quali quella che vuole che il castello Ursino sia stato voluto da Federico II per tenere a bada la popolazione. Avvenimento importante per il futuro della città fu l’inserimento di Catania tra le città demaniali. Finiva così la totale egemonia del vescovo-conte.
Alla fine della dinastia degli Hohenstaufen, nel 1266 la Sicilia venne assegnata dal Papa, che considerava l’isola patrimonio della Chiesa, a Carlo d’Angiò; ma il dominio angioino ebbe breve durata. I catanesi, che avevano subito ingiustizie, sfruttamenti ed erano stati danneggiati economicamente dalla chiusura dei porti della città, contribuirono validamente al rovesciamento della “mala signoria”. I più importanti nomi che animarono la rivolta a Catania furono quelli di Palmiero, abate di Palermo, Gualtiero da Caltagirone, Alaimo da Lentini e il catanese Giovanni da Procida. Quest’ultimo nel 1280, travestito da monaco, si recò dal papa Nicolò III, dall’imperatore di Bisanzio Michele Paleologo e dal re Pietro III d’Aragona, per chidere: al papa di non appoggiare Carlo d’Angiò in caso di rivolta; all’imperatore Michele l’appoggio esterno contro il nemico comune; e al re d’Aragona di far valere il suo diritto al trono di Sicilia in quanto marito di Costanza figlia di Manfredi, l’ultimo degli Hohenstaufen.
Nel 1282 i moti meglio conosciuti come “Vespri siciliani” posero fine al dominio dell’isola da parte della dinastia francese. Appena scoppiò la rivolta in Sicilia, la flotta aragonese era già a Palermo e l’occupazione della città da parte di Pietro dava così inizio alla dominazione degli Aragonesi in Sicilia (1282-1410). Catania fu la sede dell’icoronazione del re aragonese con il nome di Pietro I di Sicilia, ed acquistò una posizione di privilegio in quanto nel corso del 14° sec. venne scelta spesso come sede del parlamento e dimora della famiglia reale.
A Pietro III successe, in Aragona il suo primogenito Alfonso III, e in Sicilia il suo secondogenito Giacomo che subito, nel 1287, dovette respingere, con l’aiuto dell’ammiraglio Ruggero di Lauria, le rinnovate pretese degli angioini che avanzavano verso Catania da terra e dal mare. Alla morte del fratello Alfonso III d’Aragona, Giacomo prese il suo posto e lasciò in Sicilia suo fratello Federico come vicario. Ma la politica di riavvicinamento, di accordi e di legami matrimoniali con la casa d’Angiò, caldeggiata anche da papa Nicolò IV, non piacque ai siciliani che il 15 gennaio 1296 si riunirono in parlamento a Catania ed elessero loro re il giovane Federico d’Aragona. Ma Aragonesi e Angioini, alleati per l’occasione, attaccarono le difese siciliane che, anche grazie al tradimento di due catanesi, furono superate e in particolare a Catania Roberto d’Angiò prese possesso del castello Ursino dove poco tempo dopo nacque Luigi futuro re di Napoli. La guerra, che sembrava essersi conclusa con al pace di Caltabellotta (1302) che assegnava la Sicilia a Federico d’Aragona con il titolo di re di Trinacria, proseguì nel 1313. Federico, contravvenendo agli accordi, si confermò re di Sicilia e proclamò suo erede il figlio Pietro che gli successe nel 1337. Sarà il figlio di Pietro, Ludovico che riuscirà a tenere testa sia alle lotte interne fomentate dalle due fazioni baronali che alle incursioni del re di Napoli. Il suo successore, il fratello Federico III d’Aragona il Semplice, nato a Catania, dopo varie vicende firmerà la pace di Catania nel 1372.
Federico lasciò il regno alla figlia minorenne Maria nata dal matrimonio con Costanza figlia del re Pietro IV d’Aragona, affiancata da quattro vicari: Artale Alagona, Guglielmo Perrotta, Francesco Ventimiglia e Manfredi Chiaramonte. Artale Alagona scelse per la giovane regina Maria la residenza del castello Ursino di Catania, progettando di darla in sposa a Galeazzo Visconti, duca di Milano. Ma la fazione capeggiata dai Ventimiglia, baroni d’origine catalana, volevano che sposasse Martino figlio del duca di Monteblanc presunto erede del trono aragonese. Il rapimento di Maria portato a termine da Gugliemo Raimondo Moncada fece fallire i progetti del Gran Giustiziere del regno e permise il matrimonio della regina con Martino di Monteblanc. Re Martino I dopo la morte di Maria avvenuta nel 1402 sposò Bianca erede del trono di Navarra che scelse di stabilirsi a Catania assieme alla corte. Ma Martino muore a Cagliari nel 1409 all’età di 33 anni e a lui succede il vecchio padre Martino duca di Monteblanc che però morirà l’anno successivo.
Catania sarà teatro delle traversie avute dalla regina Bianca a causa delle mire per la successione al trono da parte del Gran Giustiziere Bernardo Caprera, conte di Modica. Con l’elezione di Ferdinando I re d’Aragona, Valenza e Catalogna la Sicilia fu dichirata provincia del regno aragonese. La vedova regina Bianca fu confermata “vicaria”. La Sicilia quindi non è più un Regno ma solo una provincia e sarà così fino alla dominazione borbonica. I catanesi si consolarono con alcuni privilegi concessi loro dalla regina Bianca.
Il successore di Ferdinando I, [[Alfonso il Magnanimo riunì il 25 maggio del 1416, nella sala dei Parlamenti di castello Ursino tutti i baroni e i prelati dell’Isola per il giuramento di fedeltà al Sovrano e fino al 30 agosto vi si svolsero gli ultimi atti della vita politica che videro Catania come città capitale del regno. Ma fu lo stesso re Alfonso che permise la nascita a Catania dell’Università più antica della Sicilia (1434). Inoltre il 31 maggio del 1421, invitato da Gualtiero Paternò e Andrea Castello, che erano stati presenti al parlamento che il re aveva tenuto a Messina, venne a Catania per riconfermare ufficialmente le “libertà” e gli “statuti” della città.
La Sicilia passa tra i possedimente spagnoli d’oltre mare e sarà retta da un vicerè che allontanerà per sempre la diretta conduzione politico-economica del sovrano. Catania continuò a essere favorita dai sovrani spagnoli, ma il popolo partecipò alla rivolta contro Ugo de Moncada nel 1516 e ai tumulti del 1647, in odio al fiscalismo governativo. Una grande colata lavica, le cui bocche effusive si aprirono a bassa quota nel territorio del comune di Nicolosi, investì nel 1669 il lato ovest e sud della città. I danni alle campagne, alle strade e alle difese furono molto gravi ma le stesse mura di difesa della città riuscirono a impedire, in massima parte, che la lava entrasse nel centro abitato. Ventidue anni dopo, nel 1693, un altro disastro colpì Catania. Un violentissimo terremoto scuote tutta le Sicilia orientale ma i danni maggiori si registrano nell’area etnea.
Dopo il terremoto del 1693, la città si sviluppò sino a occupare uno dei primi posti nel commercio italiano; nel 1820 non aderì al moto indipendentista e fu coi costituzionali napoletani;nel 1837 partecipò alle rivolte occasionate dal colera, e nel 1848-49 fu all’avanguardia del movimento autonomista.
Nell’agosto 1862 Garibaldi vi stabilì il centro organizzativo della spedizione conclusasi ad Aspromonte.
Durante la seconda guerra mondiale, dopo lo sbarco anglo-americano in Sicilia (9 luglio 1943), i Tedeschi, dopo aver bloccato il generale Montgomery al ponte Primosole sul fiume Simeto, per sottrarsi alla manovra aggirante degli Anglo-Americani, persistettero a lungo nella difesa di Catania, che evacuarono solo il 5 agosto.

E’ stata ampiamente distrutta nel 1169 e nel 1693 dai terremoti. Il suo territorio circostante è stato più volte coperto da colate laviche che hanno raggiunto il mare. Ma i catanesi caparbiamente l’hanno ricostruita sulle sue stesse macerie. Forse è per questo che la leggenda vuole che la città sia stata distrutta sette volte durante la sua storia, ma in realtà tali eventi disastrosi si possono sicuramente riferire a pochi ma terribili terremoti. Anche le distruzioni del centro urbano a causa delle colate laviche sono frutto di una storiografia fantasiosa. L’ultima colata lavica del 1669 colpì soprattutto le campagne esterne al centro abitato e riuscì a superare le mura della città solo in alcuni punti a nord est e a est del Castello Ursino. E’ stato soprattutto il terremoto del 1693 che ha impedito in generale la sopravvi­venza del tessuto urbanistico antico e medievale e che ha segnato profondamente anche l’assetto socio-economico della città cancellando quasi la totalità delle arti prodotte dagli artisti pre-terremoto. Praticamente scomparse si devono considerare le tracce della città greca, mentre una sorte migliore hanno avuto i monumenti di età romano-imperiale.
Del periodo romano rimangono vari monumenti; il teatro, l’odeon; l’anfiteatro, le terme dette dell’Indirizzo, le terme dette della Rotonda (chiesa di s. Maria), i resti di un acquedotto, edifici funerari, ecc. La serie delle monete di Catania comprende bellissimi conì, da quelli arcaici, con Nike e Zeus in trono, fino a quelli dei grandi incisori Eveneto, Eraclide, Procle, con testa di Apollo.
Tra i monumenti dell’età classica il teatro romano e l’odeon sono stati restaurati negli ultimi anni e comodamente visitabili. Anche i resti dell’anfiteatro sono oggi visitabili dall’ingresso di piazza Stesicoro. Del periodo normanno si conservano principalmente le absidi della Cattedrale di s. Agata (Duomo). Del periodo svevo (13° sec.) è il portale della chiesa di s. Agata al Carcere e il federiciano castello Ursino (ricostruito e restaurato, è ora sede del Museo civico: raccolte Biscari e dei benedettini) coevo del più famoso castello pugliese di Castel del Monte.
Ovviamente la città attuale, rinata nella prima metà del ‘700, conserva, nonostante i gravi danni subiti nell’ultima guerra, la caratteristica impronta barocca, datale specialmente dalle opere di G.B. Vaccarini (numerose chiese; facciata del duomo; municipio; pal. Sangiuliano; fontana dell’Elefante), di F. e A. Battaglia, degli Ittar. Notevoli sono il palazzo Biscari, la Collegiata, il convento e la chiesa di S. Nicolò l’Arena.
All’interno della Cattedrale è conservato il busto-reliquiario e la cassa-reliquaria di s. Agata, del senese Giovanni di Bartolomeo, sec. 14°).
Le biblioteche di Catania sono: la Biblioteca universitaria e Ventimilliana (aperta al pubblico nel 1755; dal secolo scorso conserva il fondo del vescovo Salvatore Ventimiglia, che vi mantiene una sua unità); la biblioteca dell’Accademia Gioenia di scienze naturali; quella della sezione catanese della Deputazione di storia patria; le Biblioteche riunite Civica e A. Ursino Recupero.
La prima università siciliana venne fondata a Catania nel 1434. Nel 1891 venne fondato il Fascio di Catania, inizio ufficiale del più importante movimento dei Fasci Siciliani.

CULTURA
Catania è la città a più alta densità teatrale della Sicilia. Molteplici le compagnie teatrali che vi operano, sia professionali che amatoriali. Il più importante teatro della città è il Teatro Massimo Bellini, costruito dall’architetto Carlo Sada alla fine del secolo XIX ed inaugurato nel 1890. Oggi è teatro lirico di tradizione, vanta un’orchestra sinfonica ed un coro stabile ed è sede di stagione operistica e concertistica.
E’ stata inserita dall’UNESCO nella “World Heritage List” insieme ad altri otto Comuni dell’architettura barocca del cosidetto “Val di Noto”: Caltagirone, Militello in Val di Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa, Scicli.
Patrona della città è Sant’Agata, alla quale viene ogni anno dedicata una grandiosa festa lunga tre giorni (dal 3 al 5 febbraio). In quei tre giorni la città dimentica ogni cosa per concentrarsi sulla festa, misto di devozione e di folklore, che attira ogni anno sino a un milione di persone, tra devoti e curiosi. Nell’ultimo decennio Catania ha conosciuto una esplosione della sua vita notturna. Ancora nel 1992 le sue strade erano quasi deserte alle 8 di sera, tranne quelle principali, e gran parte del centro storico era abbandonato e anche pericoloso. In seguito, grazie alla nuova politica dell’amministrazione del sindaco Enzo Bianco, che facilitò la concessione di licenze per l’apertura di ristoranti, caffè, pub, le strade del centro storico si sono popolate con migliaia di giovani, sino alle 3/ 4 del mattino.
MONUMENTI
Il simbolo di Catania è l’elefante detto “Liotru”. E’ un manufatto di pietra lavica porosa, che raffigura un’elefante. Forse realizzato in epoca romana e utilizzato, assieme ad altre sculture, per ornare il circo, sormontato da un’obelisco in marmo bianco aggiunto in epoca romana. E’ situata al centro di Piazza Duomo.

In dialetto catanese è detto Liotru probabilmente per la storpiatura del nome Eliodoro, personaggio legato alla storia della statua.

Altri monumenti importanti sono:

  • il Teatro romano e l’Odeon
  • l’Anfiteatro
  • la Cattedrale di Sant’Agata
  • la Chiesa della Badia di Sant’Agata
  • la Chiesa di Sant’Agata la Vetere
  • la Chiesa di Sant’Agata al Carcere
  • la Chiesa di Sant’Agata alla Fornace
  • la Chiesa di San Francesco d’Assisi
  • la Chiesa di Santa Maria di Gesù
  • la Chiesa e il monastero benedettino di San Nicolò l’Arena
  • la Chiesa di San Placido
  • la Colleggiata (regia Cappella)
  • Palazzo degli elefanti sede del Municipio
  • Palazzo del Seminario dei Chierici
  • Palazzo Biscari
  • Palazzo di Giustizia
  • le Terme Achilliane sotto la Cattedrale
  • le Terme della Rotonda
  • le Terme dell’Indirizzo
  • il Teatro Massimo, Vincenzo Bellini
  • la Fontana dell’Amenano
  • Porta Uzeda e le mura di Carlo V
  • Porta Garibaldi detta “Fortino”
  • Piazza del Duomo
  • Piazza dell’Università
  • Piazza Stesicoro
  • Piazza Mazzini
  • Piazza Bellini
  • Via Etnea
  • Via Crociferi
  • la Casa museo di Vincenzo Bellini
  • la Casa museo di Giovanni Verga
  • Castello Ursino
  • il Centro fieristico “Le Ciminiere”
  • la Fontana ispirata a “I Malavoglia” di Verga
  • Giardino pubblico Bellini detto “La villa”
  • Giardino pubblico Pacini detto “Villa varagghi”

Catania è un comune di circa 305.000 abitanti (circa 800.000 l’area metropolitana) della provincia di Catania facente parte del patrimonio dell’ Unesco. È il secondo della Sicilia per densità abitativa ed è situato sulla costa orientale dell’isola, a metà strada tra le città di Messina e Siracusa), ai piedi del vulcano Etna, si affaccia sul mare Ionio con il golfo che prende il suo nome.
Secondo lo storico greco Plutarco, il suo nome deriva da “Katane” (Grattugia), per l’associazione con le asperità del territorio lavico su cui sorge.
E’ servita dall’Aeroporto internazionale Fontanarossa, il quinto aeroporto italiano per numero di passeggeri ed il primo scalo del mezzogiorno.
Ha un porto commerciale, stazioni ferroviarie statali (linee Messina-Siracusa, Catania-Gela, Catania-Palermo) e la Circumetnea, linea a scartamento ridotto che gira per 110km attorno all’Etna raggiungendo i 976 m.s.l.m. per poi tornare giù, incontrando la costa di nuovo a Giarre-Risposto al nord.Dal 1999 è attivo un primo troncone della metropolitana, fra le stazioni del Borgo e Porto, lungo circa 3,8 Km.

L’area metropolitana di Catania comprende, oltre alla città capoluogo, i seguenti comuni:

  • Aci Bonaccorsi
  • Aci Castello
  • Aci Catena
  • Aci Sant’Antonio
  • Acireale
  • Belpasso
  • Camporotondo Etneo
  • Gravina di Catania
  • Mascalucia
  • Misterbianco
  • Motta Sant’Anastasia
  • Nicolosi
  • Paternò
  • Pedara
  • Ragalna
  • San Giovanni La Punta
  • San Gregorio di Catania
  • San Pietro Clarenza
  • Sant’Agata li Battiati
  • Santa Maria di Licodia
  • Santa Venerina
  • Trecastagni
  • Tremestieri Etneo
  • Valverde
  • Viagrande
  • Zafferana Etnea

La popolazione dei 27 comuni conta un totale di 749.497 residenti al 2001 (erano 709.096 nel 1991 e 88.982 al 1981). I poli più grandi sono, oltre a Catania, Acireale e Paternò.